DI DON ENZO RUGGIERO
COMMENTO AL VANGELO XVII DOMENICA ORDINARIA C
I discepoli non erano certo degli sprovveduti nell’esperienza della preghiera, eppure sentono il bisogno di chiedere a Gesù: “Insegnaci a pregare”. Certamente i Dodici erano profondamente colpiti dall’intensità della sua preghiera. L’avevano intuito: da quel rapporto unico e speciale con il Padre è scaturita quell’unica PREGHIERA insegnata dal Maestro, modello di ogni altra preghiera, che oggi la liturgia ci offre nella versione più breve di Luca.

Vorrei però attirare l’attenzione sulla PARABOLA che ci viene proposta, perché ci fa entrare nell’esperienza della relazione con il Padre così come il Figlio l’ha insegnata ai suoi discepoli. Prima di tutto bisogna dire che il personaggio centrale non è l’amico che bussa, ma quello che si ALZA. Il centro della parabola non è un invito all’insistenza, ma la CERTEZZA DI ESSERE ASCOLTATI. La perseveranza, secondo il vangelo, non è frutto di ascesi mistica o di forza di volontà, ma della certezza che il Padre ci ascolta e ci accoglie.
Pregare è stare davanti a un Padre, a un interlocutore amorevole, attento, disponibile. Gesù invita alla PERSEVERANZA, a dedicare ogni giorno un tempo all’incontro con Lui e con la sua Parola nella certezza di essere ascoltati sempre.

Qualcuno potrebbe chiedersi: ma se Dio è un Padre che ci ascolta sempre, perché non otteniamo ciò che chiediamo? La domanda è legittima, ma forse basta intuire che a volte Dio non ci dona quello che chiediamo, perché le richieste che facciamo non sono per la nostra FELICITA’. Noi ci illudiamo che sia così, ma Dio sa bene cosa ci rende felici. Lui ascolta, aspetta, educa il nostro cuore a chiedere secondo le sue promesse.
Lasciamoci plasmare dalla Parola di Gesù, impariamo da Lui a STARE DAVANTI A DIO, a fare l’esperienza della sua presenza, a concedere spazio all’ascolto dello Spirito e a chiedere in tutta umiltà: “Signore insegnaci a pregare!”.