La dieta ipoproteica non associata alla restrizione calorica – e ovviamente seguita da un professionista qualificato e referenziato – può essere legata a diversi benefici per la salute.

A ricordarlo ci ha pensato un recente studio, pubblicato nel 2022 sulle pagine della rivista scientifica Nature Communications e condotto da un team attivo presso il Pennington Biomedical Research Center di Baton Rouge, la capitale dello stato della Louisiana.

Gli esperti in questione hanno scoperto che i benefici di un regime alimentare a basso contenuto proteico sono legati in particolare al ruolo dell’ormone FGF21 (fattore di crescita dei fibroblasti 21).

Come scoperto ormai diversi anni fa sempre da un team del Pennington Biomedical Research Center, questo ormone, la cui secrezione è compito del fegato, ha effetti positivi sulla regolazione del metabolismo (il risultato in questione è stato ottenuto su modelli animali, nello specifico topi).

Le evidenze scientifiche hanno portato alla luce, sempre nei topi, un miglioramento della longevità negli esemplari di mezza età. Effetti interessanti a tal proposito sono stati ottenuti anche permettendo alle cavie di nutrirsi nel momento di maggiore attività della giornata (in questo caso, il riferimento è un altro studio, pubblicato su Science).

Anche se sono necessari ulteriori passi per capire in che modo queste scoperte possono essere sfruttate per migliorare la salute umana, intervenendo in special modo sulle criticità che si palesano con l’arrivo della mezza età, si può comunque, sempre con l’aiuto di un professionista, valutare la riduzione di protidi nella propria alimentazione.

I cibi tra cui scegliere per comporre i propri piatti sono diversi. Chi non vuole rinunciare alle tipicità della cucina italiana, può orientarsi verso la pasta senza proteine – la si può trovare senza difficoltà online su portali come quello di Farmacia CEF, tra i tanti che offrono alternative di qualità per esigenze alimentari speciali – e sulle verdure cucinate con i profumi dell’orto.

A proposito di queste ultime, è bene rammentare che broccoli, spinaci e carciofi, giusto per citare alcuni esempi, apportano proteine.

In grado, come evidenziato da uno studio pubblicato nel 2017 e condotto da esperti statunitensi, alcuni dei quali attivi presso la University of California, Irvine, e coreani, di rallentare la progressione della malattia renale cronica, la dieta a basso intake proteico può comprendere, in un ipotetico menù giornaliero, anche frutta fresca, riso, formaggi come la mozzarella.

Abbiamo citato la pasta, ma non bisogna dimenticare pure prodotti da forno come il pane e i biscotti. Acquistabili in farmacia presentando, in caso di patologie come quella poco fa menzionata, le indicazioni terapeutiche dello specialista, apportano, in media, massimo un grammo di proteine per singolo etto di prodotto. 

Concludiamo rammentando che la dieta ipoproteica non fa dimagrire e che, nei casi in cui si esagera con la restrizione calorica, il rischio è di andare incontro a una perdita importante della massa muscolare.

Questa eventualità è da scongiurare soprattutto in età avanzata, in quanto ha conseguenze negative sul metabolismo energetico, che subisce alterazioni, e può influenzare negativamente l’indice di massa ossea e la sensibilità all’insulina.

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