Prosegue senza sosta la scia di sequestri di impianti di depurazione in Calabria, dal Tirreno allo Jonio. Dopo i cinque depuratori del cosentino già bloccati dalla Procura di Paola, guidata da Domenico Fiordalisi, la Capitaneria di Porto ha messo nuovamente i sigilli all’impianto che serve i comuni di Soverato, Satriano, Davoli e San Sostene, a un anno esatto dal precedente provvedimento.
Le anomalie strutturali
Secondo le indagini, l’impianto presentava gravi anomalie strutturali che compromettevano il processo depurativo, scaricando direttamente nel fiume Ancinale reflui fognari non trattati. Le analisi dell’Arpacal hanno confermato livelli elevati di Escherichia coli, segnali inequivocabili di inquinamento.
La situazione non riguarda solo l’impianto sequestrato. I campionamenti di Goletta Verde hanno rilevato dati “preoccupanti” anche alla foce del fiume Corace (Catanzaro), al fosso Beltrame (tra Montepaone e Soverato) e a Isola Capo Rizzuto, dove i valori superano ampiamente i limiti di legge.
Una strategia di controllo
Legambiente Calabria ha espresso sostegno alla Magistratura, alle Forze dell’Ordine e alle Capitanerie di Porto, sottolineando però “la necessità di passare da interventi di emergenza a una strategia di prevenzione e controllo, per salvaguardare ecosistemi e salute pubblica”
“Le criticità – spiegano gli esperti – derivano da impianti mal gestiti o sottodimensionati, incapaci di reggere il peso di un urbanesimo selvaggio che, per decenni, ha trasformato le coste calabresi in un dedalo di costruzioni abusive e incontrollate”.
Negli ultimi anni Regione e Comuni hanno avviato azioni concrete contro la cattiva depurazione e l’abusivismo, ma restano aperte le procedure di infrazione europea e la necessità di una vera inversione di rotta.
La capacità delle reti
Il nodo centrale è chiaro: ogni nuovo progetto edilizio dovrebbe partire dalla verifica della capacità delle reti idriche e fognarie. Eppure, nonostante il calo demografico, le coste calabresi continuano a riempirsi di seconde case e nuove costruzioni, con picchi di utilizzo idrico e fognario concentrati nei mesi estivi che gli impianti non riescono a sostenere.
Il quadro complessivo, aggravato dalle indagini giudiziarie e dai sequestri, porta a una conclusione inevitabile: se davvero si vuole salvare il mare calabrese, bisogna fermare non solo la cattiva depurazione, ma anche il consumo incontrollato di suolo.
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