«Nella riunione del Comitato tecnico scientifico svoltasi stamattina è emersa la valutazione di prorogare tutte le misure di contenimento almeno fino a Pasqua. Il governo si muoverà in questa direzione». Lo afferma il ministro della Salute, Roberto Speranza.

Di riaprire il Paese, almeno in parte, se ne riparlerà quindi sicuramente dopo Pasqua. Anche se l’incremento dei malati continua a far segnare una flessione e anche se nelle ultime 24 ore c’è stato un boom di guariti, il maggiore dall’inizio della crisi con 1.590 persone che hanno sconfitto il Coronavirus.

Tocca al capo della protezione civile Angelo Borrelli e al presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli confermare quello che ormai è chiaro da giorni a tutti e che il Consiglio dei Ministri ufficializzerà mercoledì o al massimo giovedì. D’altronde la scelta è obbligata: i numeri che ogni giorno vengono forniti dalle Regioni alla Protezione civile dicono infatti che è proprio grazie a quei provvedimenti che il calo del contagio si sta consolidando.

E dunque sarebbe impensabile cambiare ora. «Stiamo andando nella direzione giusta e non dobbiamo minimamente cambiare strategia» sintetizza Locatelli. Ma per consolidare questo trend, agli italiani si chiedono ancora sacrifici. Tanti e per lungo tempo. Anche per prevenire che esplodano focolai nelle regioni del sud.

«Siamo categorici – dice Borrelli – Se vogliamo vincere il virus dobbiamo stare a casa, evitare occasioni di contatto e rispettare le misure del governo. Solo così torneremo ad uscire il prima possibile». Quando sia questo ‘prima possibile’, né Borrelli né Locatelli né il governo lo indicano. Ma non è certo per le vacanze pasquali. «Riaprire il paese anche scaglionato? Parliamone dopo Pasqua» risponde senza fronzoli il presidente del Consiglio superiore di sanità ricordando che in ogni caso è una decisione che spetta alla politica.

E non potrebbe essere altrimenti vista la necessità di contemperare due diverse esigenze, la tutela della salute e la tenuta del sistema economico. Un dato certo però c’è. Quello per tornare alla normalità non sarà un «processo dal niente al tutto» ma «sarà graduale» sottolinea Locatelli rispondendo anche agli appelli arrivati da più parti affinché almeno ai bambini sia consentita la possibilità di avere un’ora d’aria.

«Sappiamo che si fa fatica a trattenerli in casa, hanno molta voglia di socialità e di gioco. Lo abbiamo ben presente e non c’è dubbio che appena sarà possibile riconsidereremo queste misure. Ma per il momento abbiamo la priorità di mettere un freno a questa situazione». Aspettare ancora, dunque. Stare in casa. E dopo, comunque, convivremo per mesi con comportamenti che fino al 20 febbraio ci sembravano impensabili: il distanziamento sociale, l’impossibilità di abbracciare e baciare le persone care, l’andare in un supermercato indossando la mascherina».

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