R. e P.

Durante questi primi giorni di quarantena forzata, i luoghi del confronto e del dibattito pubblico, si sono spostati dalle piazze e dai caffè, alle nostre bacheche Facebook. È inutile aggiungere che l’argomento principale in questi momenti di angoscia, attesa e preoccupazione è il Coronavirus. Su questa tematica c’è parecchia apprensione da parte di tutti noi cittadini, perché , se la situazione, a livello sanitario in altre aree del Paese rischia di collassare (e si tratta di sistemi sanitari avanzati come quello Lombardo-Piemontese), nessuno osa immaginare cosa potrebbe accadere se il nostro invisibile nemico, si dovesse manifestare nella terra, che ha il sistema sanitario più debole e povero della nazione, la nostra Locride . Ad oggi per 42 paesi ed un utenza di 130.000 persone circa, resiste strenuamente, grazie alle ultime e poche risorse materiali rimaste ed alle donne ed agli uomini del personale medico-sanitario,che si stanno battendo come leoni, solo l’ospedale di Locri, che nonostante l’impegno e lo spirito di abnegazione degli addetti ai lavori, a volte già non e sufficientemente attrezzato a rispondere alle esigenze del territorio in tempi di pace, figuriamoci in tempi di guerra come quello che stiamo attraversando. Il dramma è che se la situazione della Locride si dovesse allineare con quella dell’Italia il povero ospedale di Locri collasserebbe in poche ore per mancanza di posti letto. Questa minaccia che si potrebbe presentare alle porte di casa nostra, come popolo locrideo ed in particolare sidernese ci ha fatto ricordare del gigante dimenticato della vita cittadina, l’ex ospedale di Siderno, aperto con tanti sacrifici negli anni ottanta e ucciso dagli scellerati ed irresponsabili tagli della politica nostrana nel primo decennio del secolo corrente. Sarà stata la paura, sarà stato il momento, ma magicamente molte azioni positive volte alla riapertura del nostro ospedale,si sono registrate, sono partite nell’ordine, pareri e proposte autorevoli di chi fa parte del sistema sanitario, proposte politiche a livello locale e regionale ed infine ma forse questa è stata una delle azioni più significative, dal mondo virtuale, sono partite: raccolte firme,petizioni e sono spuntati come funghi innumerevoli gruppi, che condividono lo stesso nobilissimo obbiettivo, vedere riaperto l’ospedale , che sino ad un decennio fa si divideva con quello di Locri le drammaticità del territorio. Oggi più che mai la tematica “riapertura dell’ospedale di Siderno” è tornata di moda, finalmente direi. Adesso riaprire un ospedale o fornire al territorio una “casa della salute”(argomento che esce fuori ogni 3- 4 anni per essere dimenticato nel giro di qualche settimana) purtroppo non è una cosa che si fa in due giorni, intere aree della struttura sono chiuse ed abbandonate dal giorno della chiusura del nosocomio, a voler essere realisti ad oggi purtroppo tali aree ( salvo straordinarissimi ed immediati interventi) a livello igienico-sanitario forse sarebbero idonee per allevare piccioni, forse.
In questi momenti purtroppo si deve ragionare con la testa e non con il cuore,noi calabresi siamo un popolo orgoglioso e combattivo,che non ha mai abbassato la testa di fronte a niente e nessuno ,nella nostra millenaria storia ci siamo battuti ed abbiamo sconfitto molti nemici, anche in scontri impari. Tuttavia questa è una delle poche volte che ci troviamo a combattere contro un nemico infame, subdolo ed invisibile, un nemico che non può essere abbattuto con un colpo di spada. In tempi passati battaglie simili alla nostra, e con minori mezzi, sono state combattute e vinte dai nostri antenati , che ebbero a che fare contro la Peste e contro la febbre spagnola. Loro avevano ancora meno mezzi di noi eppure sono sopravvissuti. Onestamente ed indipendentemente dall’immediata riapertura o meno dell’Ospedale o della casa della salute di Siderno , se rimarremo a casa avremmo anche noi moltissime probabilità di sopravvivere. Tuttavia una volta sopravvissuti, dovremmo dimostrare, innanzitutto a noi stessi di essere degni della nostra storia. non ci potremmo permettere di dimenticare la situazione della nostra sanità o di far finta di non ricordare, che sul territorio giacciono cadenti molte strutture sanitarie colpevolmente abbandonate o lasciate a metà, questa volta non potremmo lasciare,che il peso di questo fardello, ricada sulle spalle dei soli cittadini, che togliendo del tempo alla famiglia ed agli affetti sono impegnati in politica, per lapidarli nella pubblica piazza se le cose non dovessero andare come ci aspettiamo. Nonostante tutti i problemi arrecateci questo coronavirus, mettendoci alle strette, ci ha ricompattati come popolo, su una tematica di cardinale importanza, quella del diritto alla salute. Motivo per il quale, una volta scacciato il nostro attuale nemico, dovremmo costruirci i mezzi per vincere le battaglie del futuro. Oggi forse per la prima volta dopo anni siamo ritornati ad essere compatti e questo è un primo passo importantissimo, spero, innanzitutto da cittadino che ama il suo paese e la sua terra, che il prossimo passo che faremo insieme, fisicamente e non su facebook , sarà quello di costituire un comitato cittadino, che si occupi solo ed esclusivamente della riapertura del nostro ospedale. Un comitato che si raccordi con gli altri comitati per la salute già operanti nel territorio e che sia un interlocutore serio ed affidabile tra i cittadini e le istituzioni che potrebbero reperire i mezzi economici per riaprire l’ospedale o per aprire, (questa volta a fatti e non a parole) la “casa della salute”. Assolutamente questa sarà la prossima battaglia da vincere, ma per vincerla dobbiamo combatterla tutti insieme e con i fatti, non come quando ci chiusero sotto il naso l’ospedale, del quale oggi non solo Siderno ma tutta la Locride avrebbero disperato bisogno. Ed in Piazza Municipio a protestare eravamo si e no 100 persone. Da allora sono trascorsi più di dieci anni, adesso dimostriamo a noi stessi ancor prima che agli di essere cresciuti in tutto questo tempo, di essere più maturi, coesi e coscienti della situazione sanitaria nella quale versiamo che è da terzo mondo, togliamoci la giacca e la cravatta, alziamoci le maniche della camicia, armiamoci di grinta pazienza e buona volontà ed andiamo a vincere questa battaglia, così facendo un giorno forse avremmo da raccontare ai nostri figli ed ai nostri nipoti qualcosa che non sia il solito ritornello “si stava meglio quando si stava peggio”.

Francesco Gentile