“Oggi sono qui con voi anche perché dietro le sollecitazioni di tantissimi di voi e di Beppe Grillo ho accettato questa sfida complessa ed affascinante: rifondare il Movimento 5 stelle. Non è un’operazione di restyling o marketing politico ma un’opera coraggiosa di rigenerazione del Movimento, senza rinnegare il passato”.

Lo ha detto l’ex premier Giuseppe Conte parlando all’assemblea del M5s.

Quella della transizione ecologica, con l’intento di trasformare il Movimento in una forza politica molto concentrata sull’ambientalismo. Quella dell’impegno sul territorio, del collegamento con la base, e quella del presidio, con il Pd, di un’area progressista e riformista, nettamente alternativa al centrodestra. Con tutte le subordinate che questa scelta di campo comporta: dalle alleanze per le amministrative, il terreno su cui misurare la collaborazione con il partito democratico anche in vista delle politiche, alla collocazione marcatamente europeista e il possibile trasferimento nella casa dell’Alleanza dei socialisti e democratici europei. Una scelta di collocamento ormai data per acquisita e che, nella sostanza, ha già determinato la fuoriuscita di quegli eletti che su questa discriminante hanno fatto altre valutazioni. Ma è nell’organizzazione del Movimento che l’arrivo di Conte lascia intatti i dubbi della truppa degli eletti, e in particolare dei parlamentari, ancora spiazzati dalla riconferma di Grillo del vincolo dei due mandati. “L’ipotesi di valutare i ‘meritevoli’, l’avvio di una specie di cursus honorum, non esiste. E comunque non riguarda i mandati” taglia corto un parlamentare al secondo “turno” che vede come troppo divisiva la strada del “premio” all’impegno; “Il gruppo non ce la farebbe mai a reggerla. Sarebbe il finimondo”

ANSA