Reggio Calabria. Si è avvalso della facoltà di non rispondere il consigliere comunale di Reggio Calabria Antonino Castorina, del Pd, arrestato la settimana scorsa nel secondo filone dell’inchiesta su presunti brogli elettorali alle amministrative del 20 e 21 settembre scorso. Davanti al procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e al pm Paolo Petrolo, l’esponente del Partito Democratico ha fatto scena muta.
Come è stato per il primo interrogatorio di garanzia, assistito dagli avvocati Natale Polimeni e Francesco Calabrese, il consigliere comunale ha deciso di non rispondere alle domande del gip Stefania Rachele che ha disposto nei suoi confronti l’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari.
I suoi avvocati, però, hanno depositato una memoria difensiva. Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere anche gli altri indagati arrestati dalla Digos: Giuseppe Saraceno, zio acquisito dell’esponente del Pd, Simone D’Ascola, Francesco Laganà e il giornalista Antonio Fortunato Morelli. Ha deciso di non rispondere ai pm, infine, anche il segretario della commissione elettorale comunale Antonino Covani nei confronti del quale il gip ha disposto l’interruzione della sospensione dell’esercizio del pubblico ufficio.

Questa la nota dei legali di Castorina, Polimeni e Calabrese:
La decisione di non rispondere alle domande di cui all’interrogatorio, tuttavia, non può e non deve leggersi negativamente, quale sottrazione del Castorina all’accertamento della verità, anzi al contrario.
Ciò non solo e non tanto perché la scelta è una facoltà riconosciutagli e garantita ad ogni indagato dalla legge, ma soprattutto, in primordine, perché il Castorina si troverebbe nella assurda posizione di dover rispondere a domande inerenti fatti di indagine dallo stesso non conosciuti e conoscibili.
Invero, condizione primaria ed irrinunciabile ai fini di un sereno esame dell’indagato è che lo stesso sia a conoscenza dei fatti oggetto di incolpazione, così come delineati mediante il materiale d’indagine. Con riferimento al Castorina, al contrario, il materiale di indagine è comunicato (finora) in maniera come minimo parcellizzata, frazionata, a singhiozzi. Per tal via, l’indagato non è certamente nelle condizioni di poter conoscere tutti i fatti di cui al giudizio: in altre parole, l’indagato dovrebbe sottoporsi a domande inerenti a circostanze da lui non ancora conosciute, di cui lo stesso non sarebbe edotto.
Vien da sé che il Castorina, pur nel più che fervido interesse ad apportare il suo personale contributo all’accertamento della verità processuale, innegabilmente, non avrebbe potuto sottoporsi ad un sì pressante, stringente, stressante scrutinio senza neanche avere contezza della sua posizione processuale. Sicché, ancora una volta, l’indagato ha tenuto a precisare dinnanzi all’autorità giudiziaria che gli sarà possibile – e sarà suo primario interesse – contribuire all’accertamento della verità storica e processuale solo nel momento in cui sarà cristallizzata la discovery processuale.

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