COMMENTO AL VANGELO DELLA V DOMENICA DI PASQUA (C) (Giovanni 13, 31-35)

Domenica scorsa con la parabola del Buon Pastore Gesù ci mostrava il rapporto di amore profondo con Lui. Il vangelo di questa domenica invece vuole richiamare l’attenzione sul rapporto che dobbiamo avere tra di noi. E quale deve essere? Deve essere un rapporto di amore scambievole: “Vi do un comandamento nuovo che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amato così amatavi anche voi gli uni gli altri”. Sono parole che Gesù ha detto nell’imminenza della sua passione. Sono parole molto accorate: hanno il valore di un TESTAMENTO. Sono parole che, attraverso gli Apostoli, Gesù rivolge ai suoi futuri discepoli cioè a NOI.

Il vangelo parla spesso di AMORE, ma non è l’amore commercializzato del mondo di oggi. Oggi l’amore, nella cultura dominante non può neppure essere chiamato umano, perché ridotto a meccanismi biologici privi di ogni significato spirituale.

Vi do un comandamento NUOVO dice Gesù. Ma perché nuovo? Perché solo ora, con Gesù, questo comandamento diventa possibile. Prima, se esisteva, era pura teoria, era un ideale astratto. Certo, si può amare il prossimo di un amore naturale, ma non è questo che Gesù comanda ai suoi discepoli. A noi comanda di amarci come Lui ci ha amati. La novità del cristianesimo non è l’amore, ma la capacità di amare come Cristo. Non quanto Cristo, impresa impossibile all’uomo, ma COME Cristo, con lo stesso stile di Cristo.

L’amore di Dio e l’amore del prossimo – diceva Kierkegaard – sono due battenti di una porta che non si possono aprire e chiudere se non insieme. Dove non c’è amore reciproco la comunità cristiana diventa irriconoscibile, anzi inesistente. L’amore reciproco è il segno inconfondibile e inequivocabile che Gesù è presente.

Il comandamento nuovo – diceva S. Agostino – rinnova solo chi lo accoglie. Che questo amore ci rinnovi, Signore, rendendoci uomini nuovi, testimoni di speranza per un mondo nuovo!

DON Enzo Ruggiero