E ‘ MORTO L’URTIMU TAMBURINARU
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Era l’urtimu tamburinaru della zona, Ntoni Richichi, ultraottantenne ( nella foto, primo a sinistra con le bacchette in mano ) e abitava a Careri. Si è spento all’ospedale di Locri e il suo funerale è stato celebrato oggi pomeriggio nel suo paese, sotto una fitta pioggerellina di marzo e un vento gelido di tramontana. La banda, davanti alla chiesa, ha suonato per lui non solo marce funebri, ma anche la celebre marcia si Radetsky, come per dire agli amici “non v’illuidete sono ancora qua”. Ma è stato il tamburo, forse il suo, lo strumento che ha fatto piangere qualcuno, con cui ha raccontato in giro per le piazze della Calabria pagine di gioia e di felicità, nel tempo in cui le feste paesane avevano ancora il sapore delle cose sacre e fatte in casa e lui, Mastr’Antoni, grande prestigiatore con le bacchette in mano, deliziava le folle al suono di “Mbìviti ‘nu litru / ‘i chigli ‘i quattru sordi / e mbivitìgliu tuttu / e vidi chi ti fa”. Personaggio carismatico delle feste religiose, di facile parlantina e di coinvolgente gestualità, è stato il mio collaboratore preferito di tante trasmissioni televisive, dagli anni 70 fino a qualche decennio fa, quando ha detto basta. Ntoni Richichi ricordava fatttie fatterelli di memoria antica, raccontava la sua fanciullezza e la storia delle tradizioni popolari del suo paese, come se le avesse vissute il giorno prima, con una partecipazione emotiva e una acuta ricerca dei particolari fuori dal comune. Ma al suo funerale, nessuno lo ha ricordato, da buon “propheta” in patria. La nostra storia – col dialetto che è già morto e sepolto -. è affidata solo alla penna di qualche intellettuale che non ha vissuto i fatti che racconta, come invece ancora riescono a fare nostri attempati poeti dialettali, i cui libri la gente non vuole nemmeno regalati.. . Ben sapendo anche che, in tempi di coronavirus, c’è altro a cui pensare che scrivere un encomio funebre per “l’urtimu tamburinaru”.

Franco Blefari  profilo fb