Nell’ottobre 1951, a Bivongi, le forti piogge costringono  le famiglie ad abbandonare le case. Poi al quarto giorno, quando la pioggia diminuì, decisero di portare il miracoloso quadro di Mamma Nostra sulla sponda destra del Melodari e man mano che la sacra effige si avvicinava all’argine, il torrente rientrava piano piano nel suo letto naturale.

 

Fu drammatica, all’epoca, la descrizione fatta dal presidente dell’associazione il Paesano, Domenico di Landro, che informava i cittadini e gli emigrati del disastro dell’ottobre 1951. “Il paese e le campagne – scriveva – sono devastate e il rione Melodari preda del torrente. Irreparabili danni al territorio agricolo e numerose famiglie senza tetto. Questo, il risultato quando l’uomo costruisce nei letti dei torrenti perché il torrente è destinato a ripassare da dove è passato una volta. Le forti piogge di quattro giorni inducono le famiglie del rione Melodari ad abbandonare le case. Momenti di panico e pianti di bimbi e donne. A sera il silenzio. Manca la luce elettrica e il rione è deserto, mentre l’acqua invade le vie e comincia a rodere i muri delle case e le fondamenta”.

E ancora, testimonianze dirette di chi, in quei tragici momenti, era in casa ed è riuscito a salvarsi. La signora Antonietta Pisano ricorda, “Eravamo in casa con i miei fratelli e dopo quattro giorni di pioggia il torrente Melodari si era ingrossato e poi piano piano è entrato nell’abitato. Appena abbiamo capito che l’acqua stava giungendo da noi siamo scappati senza vestiti e scalzi. Dopo un poco la nostra casa non c’era più”.

Poi, la storia del miracolo operato da Mamma Nostra, la Madonna venerata a Bivongi.

Al quarto giorno quando la pioggia diminuì, la proposta di alcuni devoti di portare il miracoloso quadro di Mamma Nostra sulla sponda destra del Melodari. Man mano che la sacra effige si avvicinava all’argine, il torrente rientrava piano piano nel suo letto naturale.

Si gridò al miracolo e da allora in questo periodo si ripete la processione fino al Melodari.

Così, il parroco don Enzo Chiodo in occasione della processione che ogni anno ricorda l’evento.  “Mai come oggi le alluvioni ma, anche i terremoti, sono dei problemi ecologici da mettere in conto tanto che possiamo definire questo ricordo come una festa ecologica. Abbiamo consapevolezza che la natura è un dono di Dio e va custodita così come lo stesso creato. Quanto accaduto nel 1951 ci responsabilizza a maggiore attenzione verso l’ambiente coltivando la pulizia di questi luoghi che potrebbero creare problemi se non li custodiamo. Bisogna essere oculati nel costruire e garantire sicurezza”.

Purtroppo nessun insegnamento dopo l’alluvione perché in realtà nessuno è mai intervenuto per restituire al Melodari, da Gargano in giù, il suo letto naturale perché “rubato” dagli orti. Un grave pericolo per il paese, perché si potrebbe creare un grande invaso e finire, poi sulle abitazioni.

Evitare perciò, un nuovo 1951 per non ripetere la storia.

Ugo Franco