Dante avanzando nella terza cornice del Purgatorio, ove espiano le proprie colpe gli iracondi, viene investito da una fitta , amara e sozza nube di fumo , che gli impedisce di vedere , gli toglie “l’aer puro” e quindi la stessa possibilità di respirare . Tutti gli interpreti della Divina Commedia individuano subito nel “fummo” il simbolo dell’ira e richiamano , con riferimento d’obbligo , “l’accidioso fummo ” della palude Stigia . Ma questa iniziale e quasi ovvia annotazione non viene adeguatamente e completamente condotta , con un discorso logico e consequenziale , fino a comprendere tutta l’economia e la mitografia dell’intera cornice , per il che ci viene fatto di sorprendere contraddizioni , incoerenze e , peggio, oscurità nel dettato dantesco. Infatti la densità e l’asprezza del fumo , la cecità del poeta, l’individuazione di un uomo che col proprio corpo fende il fumo quando era impossibile vedere e quindi poter distinguere ” l’albor che per lo fummo raia”, l’immagine della talpa non possono essere spiegati solo come fenomeni fisici , poichè la conseguente interpretazione letterale ne risulta inadeguata e per nulla esauriente.
Buio d’inferno , e di notte privata
d’ogni pianeta sotto pover cielo
quant’essere può di nuvol tenebrata
non fece al viso mio sì grosso velo
come quel fummo ch’ivi ci coperse,
ne a sentir di cosi aspro pelo
che l’occhio stare aperto non sofferse.

Perchè Dante insiste tanto su questo fumo che fa ” grosso velo” alla vista e fa sentir cos’ aspro pelo agli occhi? Come mai questo annebbiamento della vista diviene sofferenza fisica tanto accentuata che ricorre all’immagine di peli aspri e pungenti quanto il fumo è, si fastidioso a acre .
Si ode il canto dell’Agnus Dei recitato dai penitenti . Uno di questi si rivolge improvvisamente al Poeta , essendosi accorto che egli è
vivo : è Marco Lombardo il quale dichiara la sua profonda conoscenza del bene e del male degli uomini e il suo amore per la virtù. Dante chiede che gli venga risolto un dubbio nato in lui durante il colloquio con Guido del Duca : il male che dilaga sulla terra è dovuto a malefici influssi degli astri o all’azione umana? Attraverso una lunga esposizione Marco dimostra che i cieli muovono nel mondo gli istinti . ma nulla possono contro a ragione e la libera volontà di cui egli è dotato e che dipendono direttamente da Dio, loro creatore. Perciò la causa del male risiede negli uomini stessi : infatti l’anima che esce dalle mani di Dio senza nulla conoscere , viene attirata solo da ciò che da gioia e incomincia a seguire i beni terreni , se non è frenata da una guida ( l’imperatore e le leggi che egli ha il compito di far osservare ) . Ma l’intervento in campo temporale della Chiesa ha provocato una confusione di poteri che è all’origine dell’attuale degenerazione . la quale è particolarmente avvertibile nell’Italia settentrionale , dove pochi sono i rappresentanti rimasti della nobile generazione passata. Marco Lombardo, vissuto nella seconda meta del ‘200 , fu un uomo di corte di grande saggezza , di animo nobile e fiero . la sua esposizione ruota intorno a canoni della filosofia Tomistica , l’anima , dopo essere stata creata da Dio . che la contempla da sempre nel suo pensiero e si compiace della sua bellezza , entra nel mondo priva di ogni conoscenza , aperta ad ogni impressione , ma pronta per la sua natura , essendo stata plasmata da Chi è sommo bene e somma gioia , a volgersi verso ciò che le dà piacere e diletto .Dante accosta – svolgendolo nei modi e secondo la soluzione formulata da San Tommaso e accettata da tutta la filosofia scolastica – il problema del rapporto fra il principio del libero arbitrio e la teoria dell’influsso dei cieli sulle azioni umane , teoria alla quale il pensiero medievale riconosceva caratteri di scientificità , rifacendosi a posizioni del mondo classico . Se gli uomini , secondo un periodo deterministico , ritengono che tutto il mondo e quindi anche le loro azioni , siano guidate dall’influsso astrale , distruggono ogni possibilità di libera scelta tra il bene e il male , cioè il libero arbitrio , ed eliminando il fondamento della giustizia divina la quale distribuisce le pene e i premi in base a quella possibilità che ciascuno ha di agire liberamente .
Professore Vincenzo Bruzzaniti .