Alessandria. Commozione e lacrime nell’aula del tribunale di Alessandria, dove il giudice della Corte d’Assise ha letto la sentenza di condanna a 30 anni ciascuno di reclusione, nei confronti di Giovanni Vincenti e della Moglie Antonella Patrucco, acusati di omicidio plurimo aggravato per lo scoppio nel cascinale di Quargnento chem tra il 4 e il 5 novembre 2019, causò la morte dei tre vigili del fuoco, Matteo Gastaldo, Marco Triches e Antonino Candido. Confermata, dunque, la richiesta della procura, in aula ad ascoltare la lettura della asentenza, dal banco degli imputati, era presente solo Vincenti. Presenti anche molti famigliari delle tre vittime, tra cui la mamma e la moglie di Nino Candido e Giancarlo Dodero, il caposquadra che quella notte intervenne sul luogo dell’esplosione e rimase ferito insieme a un collega e a un carabiniere. L’udienza di questa mattina si è aperta e subito chiusa poiché i difensori degli imputati e il procuratore hanno depositato memorie e rinunciato alle repliche. Secondo l’accusa, l’esplosione che causò la morte dei vigili del fuoco Matteo Gastaldo, Marco Triches e Antonino Candido sarebbe stata appositamente provocate per determinare il crollo del cascinale di proprietà della donna e riscuotere così il premio assicurativo stipulato solo pochi mesi prima. In particolare, quando i pompieri giunsero sul posto dopo la prima esplosione seguita da un principio d’incendio, avevano allertato il proprietario che però non aveva fatto cenno ad altre bombole rimaste inesplose nella cascina provocando così la tragedia.

Alla base delle due esplosioni, infatti, vi sarebbe stato un errato settaggio dei dispositivi che pertanto erano esplosi in due fasi successive. Nelle prime fasi delle indagini, Vincenti si era difeso facendo riferimento a invidie e possibili vendette, fino a quando alcuni giorni dopo la tragedia nella sua abitazione, in camera da letto, era stato trovato un foglio contenente le istruzioni del dispositivo timer della stessa marca e dello stesso modello di quello rinvenuto all’interno dell’edificio dove si era verificata la prima esplosione e utilizzato per azionare l’innesco. Questo, insieme ad altri indizi, tra cui il rinvenimento di un flessibile utilizzato per tagliare le inferriate delle finestre dei capannoni allo scopo di simulare un’effrazione, avevano fatto sì che uomo, di fronte alle responsabilità emerse a suo carico, confessasse nel corso di un lungo interrogatorio, al termine del quale era stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto. La moglie, invece, era stata inizialmente indagata in stato di libertà. Ulteriori indagini avevano, però, consentito di accertare che il movente fosse riconducibile all’intenzione dei coniugi di truffare l’assicurazione mediante la sottoscrizione, da parte di Antonella Patrucco, di una polizza assicurativa che prevedeva la copertura degli immobili di loro proprietà a Quargnento, che l’acquisto di alcune delle bombole di gas utilizzate per causare l’esplosione fosse stato effettuato alla presenza di entrambi i coniugi e che il taglio delle grate per simulare un’effrazione e le operazioni di posizionamento delle bombole e di tutto il dispositivo necessario a causare l’esplosione fossero stati effettuati dall’uomo alla presenza anche della moglie. Infine, la sera della tragedia, anche la Patrucco era stata messa a conoscenza della prima esplosione e della presenza in loco di Vigili del Fuoco e Carabinieri e così come il marito non aveva fatto nulla per avvertire questi ultimi del gravissimo e imminente rischio per la loro incolumità. In un primo processo, con rito abbreviato, lo scorso luglio i coniugi Vincenti sono già stati condannati a quattro anni per il ferimento dei due vigili del fuoco e del carabiniere, per crollo e per truffa all’assicurazione.
“Ce l’abbiamo fatta, gliel’avevamo promesso ai nostri figli”. E’ il primo commento della madre di Antonino Candido, una delle tre vittime. “Speriamo che li facciano tutti. – aggiunge la madre di Marco Triches, un altro dei tre vigili morti – Avevo un figlio stupendo e me l’hanno tolto. Viveva per i valori della vita che io gli ho insegnato”.
Gli avvocati difensori di Vincenti, Lorenzo Repetti e Vittorio Spallasso pensano già al secondo grado di giudizio: “Siamo ancora convinti – dicono – non avesse intenzione di uccidere. Il processo è ancora lungo. Sosterremo in appello la colpa gravissima, non il dolo”.