REGGIO CALABRIA – Mimmo Morace, il più grande giornalista sportivo calabrese e tra i più famosi in Italia di tutti i tempi, è morto oggi in una casa di cura di Cinquefrondi, dove era stato ricoverato da due giorni dopo una lunga degenza nel reparto rianimazione del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria.
Nato a Reggio Calabria il 1° febbraio 1943, giornalista professionista iscritto all’Ordine della Calabria dal 1° gennaio 1966, Domenico Morace, è stato direttore del quotidiano sportivo Corriere dello Sport – Stadio dall’11 ottobre 1986 al 28 febbraio 1991 ed è stato anche direttore del settimanale Guerin Sportivo dal marzo 1994 al luglio 1996 e nel 1998 del Domani della Calabria di Guido Talarico. Su proposta dell’allora segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, era stato nominato per acclamazione presidente onorario dell’Ussi Calabria.
Giornalista sportivo di grande tradizione, Mimmo Morace aveva iniziato la carriera prima con alcune collaborazioni al quotidiano Il Mattino di Napoli, poi come corrispondente locale del Corriere dello Sport da Reggio Calabria. Ma il ragazzo è così bravo e così sveglio che lo chiamano ben presto in redazione come cronista di calcio, nella sede centrale a Roma, col compito di seguire le vicende della Lazio. Da qui il passaggio a caporedattore nella redazione milanese del quotidiano, dove negli anni si è occupato prevalentemente del calciomercato internazionale.
Una carriera sempre in crescita, costellata da successi e da riconoscimenti unici nella storia del giornalismo sportivo, che lui viveva con grande nonchalance, come se il fatto non lo riguardasse. Inseguiva passioni ed emozioni e raccontava tutto questo con una freschezza e una modernità che i più grandi cronisti sportivi gli invidiavano pubblicamente.
Iconico lo sfogo che affida al Guerin Sportivo nel maggio del 1994 a proposito degli eccessi dello sport: «Si discute da sempre se i campioni debbano essere tali anche fuori dal campo, per i tifosi che li adorano – feticismo sportivo – e che a loro si ispirano. Personalmente credo che si debba essere campioni sul campo ma non di cattivo esempio nella vita. Ritengo anche che ognuno, dal proprio mestiere, debba trarre il massimo della soddisfazione e dei guadagni. Ma c’è, o dovrebbe esserci, un confine tra l’interesse e l’ingordigia, tra l’amore per il mestiere e quello per il denaro. Ci deve anche essere rispetto per gli altri […]. Quanti lavoratori disoccupati ci sono e quanti guadagnano appena un milione al mese? Essere campioni di calcio, amati e coccolati, non autorizza a scordare tutto questo». Dopo la sua esperienza forse più importante nella redazione del Corriere dello Sport di Milano, Mimmo torna alla sede centrale romana nel 1981, sempre come caporedattore, per poi diventare dal 1983 vicedirettore e responsabile della cosiddetta edizione “verde” del quotidiano, quella che veniva distribuita nel Centro-Nord del Paese, ovvero nella vecchia zona d’influenza di Stadio (testata che si era fusa col Corriere sei anni prima.
Tutto questo finché l’11 ottobre 1986 subentra a Giorgio Tosatti come direttore responsabile del Corriere dello Sport – Stadio, incarico che mantiene fino al 28 febbraio 1991. Un mastino dei campi di calcio e un vero re della comunicazione sportiva, Mimmo Morace è stato soprattutto un leader che ha continuato ad occuparsi di cronache sportive anche dopo aver lasciato la carta stampata, chiamato e corteggiato in questa sua seconda giovinezza dal mondo della televisione, Mamma Rai, per 90º minuto, a caccia di grandi commentatori sportivi.
Profondo il cordoglio del sindacato dei giornalisti Figec che si stringe attorno alla famiglia tutta con un commosso abbraccio ai figli Daniele e Luciano, colleghi giornalisti, alla figlia Laura che, fino all’ultimo l’ha assistito assieme alla mamma Patrizia, al fratello Aldo Maria. Il segretario generale Carlo Parisi ricorda Mimmo Morace come «una stella di primaria grandezza nel firmamento del giornalismo sportivo, ma soprattutto un gran signore d’altri tempi che disarmava tutti con il suo garbo, la sua gentilezza, il suo rispetto nei confronti di tutti».
Lunedì 12 luglio 1982, dopo la vittoria dell’Italia nel Mondiale di Spagna, Mimmo Morace direttore del Corriere dello Sport – Stadio celebrò il trionfo con lo storico titolo di apertura della prima pagina “Eroici” che raggiunse il record assoluto italiano di vendite di un quotidiano: 1.699.966 copie, battuto solo dopo 24 anni dopo con oltre 2.000.000 di copie vendute, superando di molto i risultati dei due concorrenti, Gazzetta dello Sport e Tuttosport (anche in questo caso in concomitanza con la vittoria ai Mondiali di calcio).
Successivamente, dal marzo 1994 al luglio 1996, Mimmo Moarce assunse un’altra direzione, quella del settimanale Guerin Sportivo. Giornale nato a Torino nel gennaio del 1912, il “Guerin Sportivo” ha fatto la storia dello sport e del giornalismo: qui sono nati i “marchietti” delle squadre, qui ha cominciato a scrivere Gianni Brera e come Mimmo Morace lo hanno guidato uomini e giornalisti straordinari come il conte Alberto Rognoni, Italo Cucci, Marino Bartoletti. Durante il Mondiale di Calcio del 1994.
Mimmo Morace scelse eccezionalmente di renderlo bisettimanale, giornale sportivo storico per il quale hanno scritto di sport Alberto Bevilacqua, Dario Fo e la Gialappa’s Band. Da qui – ricordava continuamente Mimmo Morace – sono partiti i più virtuosi disegnatori e vignettisti del ’900, come “Carlin” e “Marino”.
Lui stesso raccontava: «Il “Guerino” è il più antico settimanale sportivo italiano. La sua storia è andata di pari passo con quella dello sport italiano, del quale ha scandito momenti felici e non, vicende grandi e piccole. Sulle sue pagine hanno scritto, o sono nati, i migliori giornalisti italiani e si sono formate intere generazioni di sportivi. L’Albo dei direttori è ricco di grandi nomi, da Emilio Colombo a Gianni Brera. Dirigerlo è motivo di orgoglio e di stimolo […]. Il fatto è che il “Guerino” è un giornale diverso dagli altri, pur nobili o potenti. Per chi lo legge, o lo redige, è una fede. Non esiste, in Italia, una identificazione così intensa, totale, viscerale tra giornalisti, lettori e testata, come nel “Guerino”. Chi lo crea, lo vive; chi lo legge, lo sente suo.
Negli anni, tutti noi dell’ambiente abbiamo osservato, quasi con invidia, questo rapporto che è esaltante ma anche impegnativo. Non basta esercitare con professionalità il proprio lavoro; ci vogliono anche amore, tenerezza, passione».
Mimmo Morace – perché non dirlo? – ha sempre considerato il Corriere dello Sport il suo giornale e al Corriere dello Sport ha dedicato i suoi anni migliori.
«Faccio un mestiere bellissimo, quello del giornalista – raccontava Mimmo Morace a Reggio in occasione di uno dei tanti premi ricevuti alla Carriera – un mestiere che ho fatto per 50 anni e che ogni volta che mi fermo ricomincerei a fare da capo, anche se personalmente non mi ritrovo più a mio agio nel giornalismo di oggi. Ci sono giornali che si fanno la guerra quasi fosse una competizione tra bande. Ci sono giornalisti che sembrano aver dimenticato le due regole basilari per chi ha scelto di fare questo mestiere: la sintassi e la “consecutio”. Come si può leggere un giornale in cui il congiuntivo è un lusso?».
La sua vita giornalistica e professionale in realtà – ricorda il fratello Aldo Maria Morace, storico professore universitario a Sassari che gli è stato vicino fino all’ultimo, e oggi considerato il massimo studioso vivente di Corrado Alvaro – è stata una leggenda.
Mimmo Morace non faceva altro che ripetere a tutti noi di aver avuto la fortuna di lavorare con un editore puro, Francesco Amodei, «un’utopia, purtroppo, oggi nella stampa italiana», e di far «fatica ad accettare che un ragazzo, che vuol fare il giornalista, da Reggio Calabria deve andarsene via per guadagnare appena 1000 euro».
«Sediamoci e riflettiamo tutti insieme, ripensiamo il modo di fare i giornali»: era quasi un grido di dolore quello di Mimmo Morace, «professionista di indiscussa caratura e signorilità – scriveva di lui Nicoletta Giorgetti su Giornalisti Italia – perchè francamente assistiamo oggi ad una realtà inaccettabile».
Mimmo Nunnari, Mimmo Morace, Carlo Parisi e Lorenzo Del Boca il 2 febbraio 2013 a Reggio Calabria in occasione del convegno “Qualità dell’informazione in difesa della libertà di stampa”
Con lui scompare per sempre una vera icona del giornalismo sportivo italiano, e non è un caso che a Reggio Calabria a casa Morace, in quella che lui considerava la sua Itaca, siano già arrivati messaggi di cordoglio da tutta Italia, firmati dai grandi protagonisti dello sport italiano. (giornalistitalia.it)
Pino Nano


