«Lo ha fatto – si legge ancora nelle motivazioni della decisione del Tribunale del riesame – allorquando ha deciso a tutti i costi di ottenere l’affidamento diretto del servizio pubblico di raccolta di rifiuti a due cooperative del tutto non legittimate, seguendo passo passo il loro percorso di finta legittimazione ed impegnandosi in prima persona per costruire una vera e propria tela di ragno tanto da trarre in inganno funzionari tecnici ed organi collegiali dell’Ente pubblico». «Lo ha fatto – scrivono ancora i giudici – falsificando carte di identità nella sua qualità di capo dell’Ufficio anagrafe e dello Stato civile ed imponendo alla segretaria comunale il rilascio di documenti assolutamente falsi».

Nelle motivazioni della decisione con cui hanno confermato il divieto di dimora a Riace per Domenico Lucano, il giudici del Tribunale del riesame di Reggio Calabria commentano l’intenzione del sindaco sospeso di Riace, poi effettivamente attuata, di candidarsi al Consiglio comunale nelle amministrative del prossimo 26 maggio.

In particolare, i giudici commentano il fatto che l’ex sindaco si candidi «nella lista guidata da Maria Spanò, già assessore del Comune e longa manus di Lucano all’epoca di concretizzazione delle condotte delittuose». Il Riesame sottolinea che «è più che evidente che quel che preoccupa non è la volontà di Lucano di far politica, sostenere una lista elettorale, candidarsi come consigliere comunale nel pieno e sacrosanto godimento ed esercizio dei diritti politici. Quello che preoccupa è che Lucano aveva assunto la veste di vero e proprio dominatore all’interno del Comune, che muoveva le fila di tutto e consumava condotte illecite, forte della sua funzione e del suo ruolo, da lui intesi in modo distorto, nella convinzione assoluta di potersi porre sopra la legge e di poterla violare impunemente, circondandosi di persone supine ai suoi comandi ed ai suoi dettami ed eliminando immediatamente chi non gli obbediva».

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