La relazione conclusiva della commissione Antimafia fotografa l’evoluzione della ‘ndrangheta. Il quadro «allarmante» nel Reggino e la mafia imprenditrice a Vibo e Crotone. Non solo narcotraffico: cresce l’interesse per le rinnovabili, la depurazione e l’accoglienza. E i rapporti con la politica sono sempre più solidi

La sua struttura è ormai transnazionale, ma la ‘ndrangheta continua ad essere «solidissima e agguerrita» lì dove è nata, in Calabria. La commissione parlamentare Antimafia ha raccolto «significative conferme e nuove indicazioni» in merito nel corso delle sue missioni calabresi e, nella relazione conclusiva approvata lo scorso 7 febbraio, vi ha dedicato ampio spazio. A partire dagli interessi ormai consolidati nel traffico internazionale di droga per arrivare ai “nuovi” business e ai rapporti con la politica.

IL CORE BUSINESS Il narcotraffico è il core business delle ‘ndrine, con le cosche dei mandamenti tirrenico e ionico di Reggio Calabria e quelle di Vibo Valentia a esercitare «una vera e propria egemonia nel mercato mondiale della cocaina». I vertici dei clan mantengono rapporti privilegiati, se non addirittura esclusivi, con i principali cartelli di narcotrafficanti del Centro e Sud America, e nei vari Paesi coinvolti nei traffici è ormai fissa la presenza di broker e fiduciari delle cosche. La ‘ndrangheta è considerata dai narcos «un partner affidabile e solvibile» e si avvale di solidi contatti Oltreoceano, negli Stati Uniti e in Canada (anche in partnership con esponenti di Cosa nostra), e soprattutto in Europa, dalla Germania al Belgio, dall’Olanda alla Spagna («queste ultime, da sempre, sponde accoglienti di molti latitanti calabresi»). In tutti questi Paesi le “locali” di ‘ndrangheta «reinvestono gli ingenti profitti del narcotraffico in nuove attività e consolidano la loro presenza». E tra Sud America ed Europa, il «crocevia» della cocaina resta il porto di Gioia Tauro.

ALLARME REGGIO L’espansione all’estero non impedisce alle cosche di esercitare il predominio su molte attività economiche della regione, e in questo senso nella provincia di Reggio Calabria la commissione Antimafia registra «un quadro particolarmente allarmante». Le cosche reggine (della città e delle due coste) esercitano «un pesante condizionamento in tutti i settori dell’economia legale, dall’edilizia al commercio, dalla ristorazione ai trasporti, dall’import export di prodotti alimentari al turismo». I clan insomma non si limitano più a esercitare le estorsioni e l’usura agli imprenditori, ma sono passati alla gestione diretta delle attività economiche, «alcune emergenti e molto popolari come le scommesse e il gioco online, dove il rischio di essere smascherati è peraltro più basso mentre altissime sono le opportunità di riciclare i proventi delle attività illecite».
Sempre più forte, poi, è la capacità di condizionare la pubblica amministrazione senza nemmeno ricorrere alla violenza: «Grazie alla rete di relazioni consolidate con esponenti della politica, delle istituzioni e delle professioni, le cosche – sia attraverso prestanome sia con imprenditori e professionisti di riferimento – riescono ad aggiudicarsi importanti pubblici appalti, imporre le proprie ditte e la propria manovalanza nei sub-appalti, e questo vale sia nel caso dell’appalto milionario per la ristrutturazione del Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria che per la ristrutturazione di un noto bar del capoluogo reggino».

‘NDRANGHETA IMPRENDITRICE Le ‘ndrine operano con «cinismo e aggressività» anche nel distretto di Catanzaro, che comprende anche le province di Cosenza, Crotone e Vibo Valentia. L’Antimafia cita il primato delle famiglie Grande Aracri di Cutro e Mancuso di Limbadi-Nicotera che possono contare su importanti proiezioni nell’Italia settentrionale e all’estero. «Anche in queste territori si si va affermando il modello imprenditoriale, con le cosche che allargano il proprio raggio d’azione nel campo delle energie rinnovabili, della depurazione delle acque e nell’assistenza ai migranti. Significativa, in tal senso, l’indagine della procura di Catanzaro sulle infiltrazioni mafiose nella gestione del Cara Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto». Per assicurare una tale pervasività è «decisivo» il mondo delle professioni: «Non è esagerato dire che non c’è professione che sia rimasta impermeabile alla penetrazione mafiosa: commercialisti, notai, ingegneri, medici, avvocati si sono messi al servizio delle cosche nei contesti più diversi, compresa la delicata funzione di amministrazione di beni sequestrati e confiscati alle cosche e purtroppo non sono rimaste immuni né la magistratura né le forze dell’ordine».

I RAPPORTI CON LA POLITICA Tra ‘ndrangheta e politica ci sono «solidi rapporti che investono i livelli comunale, provinciale e regionale». L’imponente numero dei Comuni sciolti per mafia attesta, secondo l’Antimafia, «la fragilità delle istituzioni locali, esposte alle infiltrazioni criminali che si realizzano non solamente attraverso forme di condizionamento esterno dei consigli comunali, ma sempre di più attraverso la presenza diretta di affiliati nella compagine amministrativa, con un preoccupante salto di qualità nella capacità di inquinamento della vita democratica». La ‘ndrangheta dunque «coltiva il preciso obiettivo di soggiogare e mantenere in condizioni di arretratezza e di isolamento la terra dove ha avuto genesi e da cui trae legittimazione». Le ultime inchieste – nella relazione viene citata “Stige” – hanno fornito «un’ulteriore allarmante conferma della mutazione genetica delle cosche calabresi che ormai si muovono inserendo direttamente propri rappresentanti, senza distinzioni ideologiche tra forze politiche, nelle istituzioni locali». La commissione Antimafia cita a mo’ di esempio le vicende del Comune di Rizziconi e la «pesante» situazione nella Locride, per poi arrivare al famigerato sciolgimento del Comune di Reggio alle inquietanti ipotesi investigative confluite nel procedimento “Gotha”.

L’ESPANSIONE La leadership nel traffico internazionale di cocaina ha portato la ‘ndrangheta a fare affari in tutto il mondo. «Nelle missioni in Spagna, in Olanda, a Malta e in Canada, la Commissione – si legge nella relazione dell’Antimafia – ha potuto registrare una buona e crescente collaborazione tra le rispettive autorità giudiziarie e gli apparati inquirenti, in particolare nella lotta al traffico di stupefacenti. Ma in nessuno di questi Paesi le istituzioni, sia quelle politiche che quelle preposte al contrasto della criminalità, hanno mostrato una soglia di consapevolezza e attenzione adeguate a fronteggiare le nuove dinamiche criminali e le capacità della ‘ndrangheta, l’organizzazione più radicata e attiva, di individuare i varchi normativi e le opportunità imprenditoriali per investire e riciclare l’enorme massa di denaro frutto delle attività illecite».
E anche nel resto d’Italia la ‘ndrangheta «ha ormai messo radici profonde, dalla Toscana al Piemonte fino alle Valle d’Aosta, dall’Umbria fino al Friuli Venezia Giulia».

«RAFFORZARE I PRESIDI DELLA LEGALITÀ» Il monitoraggio svolto dalla Commissione sull’evoluzione delle dinamiche criminali nella regione se da un lato ha registrato «una costante, altamente professionale e determinata azione di prevenzione e contrasto da parte delle forze dell’ordine e della magistratura», dall’altro ha anche raccolto «condivisibili preoccupazioni in ordine alle carenze logistiche e strutturali e all’inadeguatezza degli organici degli uffici giudiziari dei distretti di Reggio Calabria e Catanzaro». Sul tema è stata anche approvata una relazione, trasmessa per conoscenza anche al Csm e alle altre istituzioni interessate, nella quale la Commissione avanza una serie di proposte tese a rafforzare il complessivo sistema di contrasto della criminalità organizzata in Calabria. «L’impatto della criminalità organizzata su questa parte dell’Italia – si legge nella relazione – ha un costo sociale, civile ed economico non più sostenibile ed è quindi necessario e urgente intervenire per riequilibrare le forze in campo sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo». La Commissione, infine, non ha mancato di «invitare a riflettere sulla opportunità di attribuire ai tribunali distrettuali la competenza esclusiva per i dibattimenti di criminalità organizzata», una prospettiva «che avrebbe l’indiscutibile vantaggio di consolidare la fisiologica specializzazione delle sezioni distrettuali su vicende complesse come i delitti di criminalità organizzata».